Il procedimento legislativo

La modifica del bicameralismo perfetto

Le modifiche apportate dal testo di legge costituzionale (v. Testo a fronte) all’articolo 70 della Costituzione sono dirette, unitamente a quelle riguardanti la composizione e le modalità di elezione del Senato, al superamento del “bicameralismo perfetto”, in virtù del quale ciascun progetto di legge deve essere approvato, in eguale testo, da entrambi i rami del Parlamento (nel testo vigente, l’art. 70 Cost. recita: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”).

 

La legittimazione del bicameralismo, così come voluto dal Costituente del 1947, è da rinvenire fondamentalmente, secondo la dottrina, nella possibilità di una maggiore riflessione sui testi legislativi, che consenta sia una decisione politicamente più ponderata sia una migliore elaborazione tecnica delle leggi: la seconda Camera, si è affermato, avrebbe pertanto la medesima funzione di garanzia che nel processo è assolta dal doppio grado di giurisdizione.

L’esigenza di superamento dell’attuale modello è stata espressa nella relazione illustrativa del disegno di legge governativo da cui trae origine la riforma, secondo cui il bicameralismo è all’origine di reiterati fenomeni di navette e del conseguente prolungamento dei tempi di decisione parlamentare che, pertanto, appaiono talora “inadeguati ai tempi richiesti da una moderna democrazia alle proprie istituzioni rappresentative”. Tale disfunzione, da tempo rilevata sia dal legislatore che dalla dottrina, ha condotto all’elaborazione di soluzioni che si differenziano profondamente tra di loro e che vanno dall’abbandono del sistema bicamerale in favore di quello monocamerale[1], al mantenimento delle due Camere con una differenziazione, però, nella composizione o nelle funzioni (ad una Camera spetterebbe, secondo tale ultima impostazione, la funzione legislativa, all’altra quella di controllo politico sul Governo).

Vi è poi chi ha proposto una modifica di tipo “procedurale” del bicameralismo perfetto, con ruoli intercambiabili tra le due Camere nel procedimento legislativo.

 

Prima di procedere ad un’analisi più puntuale, si fa presente che il testo di riforma costituzionale individua più procedimenti di legislazione ordinaria, modificando il procedimento bicamerale già previsto dall’attuale ordinamento e affiancando ad esso nuove tipologie di procedimento legislativo. A seguito dell’entrata in vigore della riforma, si configurerebbero infatti leggi statali:

§         approvate con procedimento monocamerale, a seguito cioè di esame da parte di uno solo dei due rami del Parlamento (quello al quale è attribuita la competenza sulla relativa materia);

§         approvate con procedimento “a prevalenza monocamerale”, a seguito dell’esercizio, da parte dell’altro ramo del Parlamento, della facoltà di richiamare presso di sé il progetto di legge e di proporvi modifiche (ferma restando la prevalenza della Camera competente in via primaria);

§         approvate con procedimento bicamerale, procedimento per alcuni versi semplificato, per altri più articolato rispetto a quello vigente, e comunque con ambito di applicazione limitato a determinate materie, alle quali è riconosciuta una peculiare rilevanza.

Nell’ambito di tale ripartizione sono poi individuabili alcune varianti, che arricchiscono ulteriormente il quadro (v. infra, gli effetti derivanti dall’intervento del Governo presso il Senato federale nonché, nel procedimento bicamerale, i diversi possibili sviluppi derivanti dal contrasto tra le due Camere sul testo).

Resta poi comunque fermo il procedimento di revisione costituzionale di cui all’art. 138 Cost. (la cui formulazione, quanto all’esame parlamentare, resta immutata), al quale non è del tutto chiaro se possa o meno applicarsi la procedura di cui al terzo comma del nuovo art. 70, volta a superare eventuali posizioni difformi tra le due Camere sul medesimo testo.

Le leggi monocamerali o “a prevalenza monocamerale”

A seguito della integrale riscrittura dell’art. 70 Cost., si introducono nell’ordinamento costituzionale, accanto alle leggi approvate con procedimento bicamerale (cfr. infra), leggi a carattere monocamerale, approvate cioè da uno solo dei due rami del Parlamento, individuato di volta in volta in base all’oggetto del provvedimento. È prevista altresì la possibilità, per la Camera non competente ratione materiæ, di richiamare presso di sé il disegno di legge e di proporvi modifiche sulle quali, comunque, deciderà definitivamente la Camera competente in via primaria.

Al fine di individuare la Camera competente, l’art. 70 fa riferimento all’articolo 117 della Costituzione, con il quale viene delineato il nuovo riparto di competenze legislative Stato-Regioni:

§         la Camera dei deputati (art. 70, primo comma) esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, quelle cioè nelle quali è riservata allo Stato la potestà legislativa esclusiva (v. Tavola 3). Restano escluse alcune materie per le quali il comma terzo prevede espressamente il procedimento bicamerale (v. infra);

§         il Senato federale della Repubblica (art. 70, secondo comma) approva i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, nelle quali la potestà legislativa dello Stato concorre con quella delle Regioni[2] (v. Tavola 4). Anche in questo caso fanno eccezione alcune materie, rimesse al procedimento bicamerale.

Come si è accennato, nell’ambito del procedimento di approvazione delle leggi monocamerali è prevista la facoltà, per la Camera non competente, di proporre modifiche al testo. Tale facoltà è esercitabile entro trenta giorni dall’approvazione da parte dell’altra Camera; sulle modifiche proposte dalla seconda Camera decide, comunque, in via definitiva, il ramo del Parlamento competente in via primaria.

Per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge, il cui procedimento di approvazione è caratterizzato da ritmi più serrati in ragione della prevista decadenza ex tunc dei decreti in caso di mancata conversione entro sessanta giorni dalla pubblicazione, il termine di trenta giorni è ridotto alla metà.

 

La formulazione, propria sia del primo che del secondo comma dell’art. 70, secondo la quale la Camera che ha esercitato il richiamo può, entro trenta giorni, proporre modifiche, sulle quali l’altra Camera decide in via definitiva, non pare peraltro consentire di definire precisamente i confini dell’intervento della Camera cui spetta la competenza “primaria”: non appare chiaro cioè se tale Camera debba limitarsi ad approvare o respingere le proposte di modifica avanzate dall’altra, ovvero se possa incidere su di esse, senza comunque introdurne di nuove (peraltro, il discrimine tra una modifica molto penetrante e l’introduzione di una nuova modifica può essere di non univoca interpretazione; anche questo elemento potrebbe rischiare di indurre ragioni di conflittualità tra le due Camere).

Si fa presente inoltre che alcuni aspetti procedurali, anche di un certo rilievo, non sono esplicitati nel testo di riforma costituzionale (anche in rapporto a precedenti formulazioni delle norme appena esaminate[3]): il testo non parla della sussistenza o meno di un obbligo di trasmettere il testo all’altro ramo del Parlamento, né delle modalità con le quali può essere segnalata da parte dell’altra Camera l’intenzione di proporre modifiche. Su questi, come su altri aspetti che si vedranno in seguito, si può ipotizzare un completamento della disciplina da parte di disposizioni da introdurre nei regolamenti parlamentari sulla base di un necessario coordinamento tra le due Camere.

 

Il sesto comma dell’art. 64 Cost. introduce, limitatamente ai progetti di legge su cui la competenza primaria è del Senato federale (art. 70, secondo comma), un ulteriore passaggio procedurale, attribuendo ad ogni Consiglio o Assemblea regionale o Consiglio delle Province autonome, sentito il Consiglio delle autonomie locali, la facoltà di esprimere un parere, secondo le modalità ed entro i termini stabiliti dal regolamento del Senato federale.

L’intervento del Governo presso il Senato federale

Prima di passare alla sintetica illustrazione del nuovo procedimento bicamerale, appare utile soffermarsi su quella che appare una variante del procedimento monocamerale “a prevalenza Senato” di cui all’art. 70, secondo comma, Cost..

Il quarto comma del nuovo art. 70 prevede la possibilità per il Primo ministro, per i soli disegni di legge sottoposti all’esame del Senato concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali della legislazione concorrente nell’ambito delle materie di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., di dichiarare che le modifiche proposte dal Governo medesimo sono essenziali per l’attuazione del suo programma: potere speculare, ma con differenti conseguenze che tengono conto dell’assenza del rapporto fiduciario, alla posizione della questione di fiducia alla Camera (nuovo art. 94, secondo comma: v. scheda Il Primo ministro e il rapporto Governo-Parlamento).

Più precisamente, la valutazione del Governo deve attenere:

§         o all’essenzialità delle modifiche per l’attuazione del programma approvato dalla Camera,

§         o alla tutela delle finalità di cui all’art. 120, secondo comma, Cost.. Tale formulazione rinvia ai presupposti che, ai sensi del comma citato, giustificano l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni. Le finalità indicate possono dunque così enumerarsi:

-          rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria;

-          difesa dell’incolumità e della sicurezza pubblica da un pericolo grave;

-          tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e, in particolare,

-          tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (prescindendo dai confini territoriali dei governi locali e nel rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà).

A seguito di tale valutazione, il Presidente della Repubblica – verificati i presupposti costituzionali – può autorizzare il Primo ministro a esporre le proprie motivazioni in proposito al Senato, il quale decide entro trenta giorni.

Se il Senato non accoglie le modifiche proposte, il disegno di legge è trasmesso alla Camera, la quale decide in via definitiva su di esse (non, dunque, sull’intero provvedimento) a maggioranza assoluta dei suoi componenti (v. Tavola 4). Non è indicato un termine per quest’ultima deliberazione. L’intervento del Governo su progetti di legge di competenza del Senato federale comporta dunque il passaggio alla Camera dei deputati della competenza ad approvare in via definitiva tali progetti; al tempo stesso, tale intervento comporta l’innalzamento del quorum necessario per l’approvazione di un disegno di legge (o, più precisamente, su parti di esso).

Il quinto comma precisa ulteriormente, in parte sovrapponendosi al disposto del quarto comma, le condizioni alle quali il Presidente della Repubblica autorizza l’intervento del Governo poc’anzi delineato. Tale autorizzazione può avere ad oggetto esclusivamente “le modifiche proposte dal Governo ed approvate dalla Camera dei deputati ai sensi del secondo periodo del secondo comma”. Dalla formulazione del testo, non propriamente lineare, sembra doversi desumere che le modifiche oggetto della dichiarazione del Primo ministro, autorizzata dal Capo dello Stato, debbano necessariamente aver formato oggetto di previa deliberazione da parte della Camera dei deputati, su iniziativa del Governo, in sede di formulazione delle proposte emendative sul testo approvato in prima lettura dal Senato (come appunto prevede l’art. 70, secondo comma, secondo periodo). Se così è, l’intervento del Governo al Senato potrebbe aver luogo solo nel corso dell’esame di questo in seconda lettura.

 

Questa potrebbe dunque essere la successione degli eventi:

§         il Senato federale esamina ed approva il progetto di legge (ex art. 70, secondo comma, primo periodo);

§         la Camera, in sede di esame delle proposte modificative al testo approvato dal Senato federale (ex art. 70, secondo comma, secondo periodo), approva, facendola propria, una proposta emendativa avanzata dal Governo (sulla quale – per inciso – il Governo potrebbe aver posto la questione di fiducia);

§         il Senato federale esamina le modifiche proposte dalla Camera; in questa sede, previa autorizzazione del Capo dello Stato, il Primo ministro dichiara che la proposta approvata dalla Camera su sua iniziativa è essenziale ai sensi dell’art. 70, quarto comma e ne espone i motivi;

§         entro trenta giorni il Senato decide, accogliendo o meno la modifica;

§         In caso di non accoglimento, il progetto di legge è trasmesso alla Camera che decide sulla modifica (solo su quella oggetto della dichiarazione) a maggioranza assoluta dei componenti (nulla sembra ostare a una nuova posizione della questione di fiducia in questa sede).

La ratio della disposizione dovrebbe comportare che l’intero procedimento sia destinato a proseguire e concludersi, con il voto finale, presso questo ramo del Parlamento, per quanto il testo non sia esplicito al riguardo.

 

Si osserva che il Presidente della Repubblica è nell’occasione chiamato a dare un’autorizzazione che potrebbe implicare valutazioni di carattere politico, posto che la verifica dei presupposti costituzionali può esigere un giudizio sull’effettiva essenzialità della modifica proposta dal premier per l’attuazione del programma di Governo approvato dalla Camera.

 

Più in generale, la collocazione del potere in questione nel quadro sistematico dei poteri e del ruolo attribuiti al Presidente della Repubblica nella legge di riforma costituzionale (su cui v. scheda Il Presidente della Repubblica) appare per certi versi difficoltosa, considerato che da un complesso di modifiche – relative al procedimento di formazione del Governo, al potere di scioglimento delle Camere, nonché alla autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge del Governo (che il testo di riforma in esame elimina tout court) – sembra evincersi la tendenza a ridimensionare il ruolo del Presidente della Repubblica, sia pure con l’intento, più o meno esplicito, di collocarlo più nettamente in una posizione di terzietà, limitando l’attribuzione di decisioni che possono assumere una eminente portata politica.

Le leggi bicamerali

Accanto alle leggi monocamerali o a “prevalenza monocamerale” l’art. 70 Cost. prevede, nel nuovo comma terzo, leggi bicamerali: esse, data la rilevanza delle materie su cui intervengono, necessitano della approvazione sia della Camera dei deputati sia del Senato federale della Repubblica[4] (v. Tavola 5). Tuttavia, sempre in virtù dell’esigenza di accelerazione dei tempi di decisione parlamentare, il procedimento legislativo viene sensibilmente modificato: al fine di evitare il fenomeno della navette che sovente si verifica quando un ramo del Parlamento apporta modifiche al testo approvato dall’altro, si prevede che, se un disegno di legge non è approvato, dopo una lettura, dalle due Camere nel medesimo testo, i Presidenti delle rispettive Assemblee possono convocare una Commissione mista composta da trenta deputati e trenta senatori, scelti secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo (definito “unificato”) da sottoporre al voto finale dei due rami del Parlamento entro i termini fissati dai Presidenti.

Null’altro si dice in relazione alla disciplina della Commissione, la quale risulta  quindi rimessa ai regolamenti parlamentari (da adottare, ovviamente, previa intesa tra le due Camere). In particolar modo non si fa riferimento né alla natura della Commissione (permanente o temporanea), né alle modalità di nomina dei componenti (che potrebbe essere effettuata, ad esempio, dai Presidenti di Camera e Senato su indicazione dei gruppi parlamentari), né ai quorum strutturale e funzionale, né infine, ai limiti delle sue competenze (non sembra, ad esempio, che la Commissione possa modificare il progetto di legge anche nelle parti approvate dalle due Camere nel medesimo testo).

 

È da sottolineare al riguardo che – sulla base della formulazione adottata – il testo elaborato dalla Commissione mista paritetica non è sottoposto all’esame articolo per articolo delle due Assemblee (il che riaprirebbe la possibilità di presentare, discutere e approvare emendamenti, o quanto meno di respingere parti del testo), ma solo al loro voto finale.

Inoltre, dalle disposizioni in esame non si evince con chiarezza quale possa essere l’esito del procedimento legislativo, nel caso in cui i Presidenti delle Camere non esercitino la facoltà di convocare la Commissione indicata (anche per mancato raggiungimento dell’intesa), ovvero nel caso in cui in seno alla Commissione non si trovi l’accordo su un testo entro il termine fissato: in particolare, non è precisato se il procedimento sia destinato a interrompersi, ovvero se possa proseguire riprendendo la via del procedimento bicamerale ordinario.

È infine dubbio se il procedimento così descritto debba applicarsi anche alle leggi di revisione della Costituzione e alle altre leggi costituzionali, disciplinate dall’art. 138 Cost.[5].

 

Ai sensi del terzo comma dell’art. 70, il procedimento bicamerale si applica all’esame dei disegni di legge concernenti le materie che seguono:

§         determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lett. m), Cost.);

§         legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane (art. 117, secondo comma lett. p));

§         le materie di cui all’art. art. 119 Cost., dunque l’autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali; l’istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale; gli interventi speciali a favore di determinati enti territoriali ex art. 119, quinto comma; i princìpi generali sul patrimonio di Regioni ed enti locali;

§         l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato nei confronti di Regioni ed enti locali (art. 120, secondo comma);

§         il sistema elettorale per la Camera e per il Senato (fattispecie contemplata tra quelle di cui all’art. 117, secondo comma, lett. f); v. anche art. 57, terzo comma);

§         una serie di casi in cui la Costituzione fa espresso rinvio alla legge dello Stato o della Repubblica, dei quali la norma fornisce l’elenco al fine, presumibilmente, di evitare che ad essa si possa dare un’interpretazione diversa rispetto a quella letterale.

 

Si tratta dei seguenti articoli:

-          117, commi quinto e nono (norme di procedura per la partecipazione delle Regioni alla fase ascendente del processo normativo comunitario e potere sostitutivo; casi e forme nei quali la Regione può concludere accordi con altri Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato);

-          118, commi secondo e quinto (funzioni amministrative conferite agli enti locali; coordinamento Stato-Regioni con riferimento a specifiche materie);

-          122, primo comma (princìpi fondamentali in materia di sistema di elezione, ineleggibilità e incompatibilità degli organi rappresentativi della Regione);

-          125 (ordinamento degli organi di giustizia amministrativa di primo grado);

-          132, secondo comma (passaggio di province o comuni da una Regione all’altra);

-          133, secondo comma (istituzione di nuove province e mutamento di circoscrizioni provinciali);

 

§         altre materie previste in vari punti del nuovo testo costituzionale, nei quali si fa espresso rinvio alla procedura di cui all’art. 70, terzo comma.

 

Si tratta delle seguenti:

-          determinazione dei casi di ineleggibilità ed incompatibilità con il mandato parlamentare (art. 65, primo comma);

-          indennità spettante ai membri delle Camere (art. 69); si segnala che il secondo comma dell’articolo reca una riserva di legge concernente la non cumulabilità dell’indennità parlamentare con indennità o emolumenti derivanti dalla titolarità di altre cariche elettive pubbliche;

-          istituzione di Commissioni di inchiesta bicamerali (art. 82, secondo comma);

-          disciplina delle Autorità indipendenti (art. 98-bis);

-          istituzione della Conferenza Stato-Regioni, nonché sostegno alle forme associative tra Comuni piccoli o montani (art. 118, terzo ed ultimo comma);

-          promozione del coordinamento tra il Senato federale della Repubblica e i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni (fatte salve le competenze amministrative delle Conferenze: art. 127-ter, primo comma);

-          istituzione di città metropolitane (art. 133, primo comma);

 

Per altre materie menzionate dal testo costituzionale la competenza, nel silenzio della norma, sembra doversi desumere in via interpretativa.

 

Ad es., parrebbe dover essere adottata con procedura bicamerale la legge che, ai sensi dell’art. 60, terzo comma, prorogasse la durata della Camera dei deputati e dei Consigli regionali in caso di guerra, argomentando a fortiori in raffronto all’art. 122, primo comma (sulla durata degli organi elettivi delle Regioni); al contrario, sembra dover essere adottata con procedura monocamerale (a prevalenza Camera) la legge ordinaria (ex art. 137, secondo comma) che stabilisce le norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte costituzionale[6].

 

Resta altresì fuori dall’elenco la materia della concessione di amnistia e indulto, disposta “con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale” Così dispone l’art. 79, primo comma, Cost. la cui formulazione – rimasta immutata – configura un procedimento bicamerale che tuttavia mal si concilia col modello delineato dall’art. 70, terzo comma.

 

Una considerazione a parte merita l’approvazione dei disegni di legge che configurano la manovra di bilancio: ci si riferisce principalmente alla legge finanziaria e alla legge di bilancio. Che debba trattarsi in entrambi i casi di legge monocamerale “a prevalenza Camera” si argomenterebbe dal rinvio, contenuto nel primo comma dell’art. 70, alle materie riservate alla potestà legislativa esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma (che include le materie di cui alla relativa lett. e), in specie “sistema tributario e contabile dello Stato” e “perequazione delle risorse finanziarie”), ma soprattutto dal nuovo testo dell’art. 81, primo comma, ove si prevede esplicitamente che i bilanci e il rendiconto consuntivo sono approvati ai sensi dell’art. 70, primo comma.

Va tuttavia rilevato che ad altre materie, anch’esse sovente interessate da interventi nell’ambito della legge finanziaria, l’art. 70 riserva un procedimento legislativo diverso: si pensi ad es. alla fissazione dei princìpi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (procedimento monocamerale a prevalenza Senato), ovvero alle materie di cui all’art. 119 e tra queste, in particolare, agli interventi speciali di cui al quinto comma (procedimento bicamerale).

Le questioni di competenza

In dipendenza della pluralità di procedimenti legislativi e dei criteri di ripartizione delle competenze tra Camera e Senato federale – fondati come si è visto sull’individuazione della materia oggetto del progetto di legge in relazione all’art. 117 Cost. – la cui applicazione può comportare diverse opzioni interpretative, possono ben sorgere incertezze e conflitti tra le due Camere in ordine alla corretta attribuzione a un progetto di legge del procedimento legislativo che gli è proprio ratione materiæ (monocamerale a prevalenza Camera o a prevalenza Senato federale, ovvero bicamerale).

Potenziali incertezze e conflitti che non riguardano la sola iniziativa legislativa, ma che sono invero destinati a riproporsi anche nella fase emendativa; per non dire (se ne dirà più avanti) della possibilità che un progetto di legge o un emendamento tocchi nelle sue disposizioni più materie per le quali si dovrebbero applicare procedimenti diversi.

Il sesto comma del nuovo art. 70 Cost. intende affrontare tali eventualità.

Esso dispone che le questioni di competenza che possono sorgere tra le due Camere sono decise, d’intesa fra di loro, dai Presidenti delle due Assemblee. Ad essi spetta pertanto, in virtù del ruolo di garanzia che ricoprono, potenziato, tra l’altro, dalla costituzionalizzazione delle modalità di elezione e dall’innalzamento del relativo quorum, il compito di stabilire in quale ambito, tra quelli individuati dall’art 117 Cost., collocare, sulla base dell’oggetto e del contenuto, un disegno o una proposta di legge di cui sia controversa la assegnazione.

È previsto altresì che i Presidenti possano deferire la decisione circa la competenza ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai Presidenti stessi sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere.

Non sono chiaramente precisati i presupposti in base ai quali i Presidenti  possono deferire la decisione al comitato paritetico, per quanto si possa ritenere che ciò avvenga di norma a seguito del mancato raggiungimento dell’intesa. Non è poi precisato se debba trattarsi di un organo permanente o costituito ad hoc; e nulla si prevede in relazione al quorum richiesto per le deliberazioni.

A seguito di svariati ritocchi del testo, è stato precisato che la decisione adottata in tale sede, analogamente a quella assunta d’intesa dai Presidenti dei due rami del Parlamento, non è sindacabile in alcuna sede[7]. Sembra così emergere l’intendimento di escludere non solo la sindacabilità di tale decisione da parte di altri organi che partecipano al procedimento legislativo, ma anche da parte di organi giurisdizionali, in specie dell’organo di giustizia costituzionale.

Al riguardo, va infatti ricordato che l’approvazione di una legge da parte della Camera astrattamente non competente potrebbe comportare la sua incostituzionalità per error in procedendo: una consolidata giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. 9/1959, ha infatti affermato la competenza della Corte a verificare l’osservanza delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento legislativo.

La formulazione dell’ultimo periodo del comma sesto dell’art. 70 sembra peraltro escludere la possibilità per la Corte costituzionale di far valere questo particolare error in procedendo, nell’ipotesi in cui vi sia stata una pronuncia sulla competenza dei Presidenti o del Comitato paritetico (e solo in questa ipotesi: la limitazione non opera sulle leggi nel corso del cui iter di approvazione non siano state sollevate questioni di competenza); la norma ha l’evidente scopo di evitare contrasti di “giudicati” tra decisioni sulla competenza adottate in sede parlamentare (dai Presidenti delle Camere ovvero dall’apposito Comitato) e decisioni adottate in sede giurisdizionale (dalla Consulta).

 

Si ricorda peraltro che la Corte, nel decidere – in sede di giudizio di legittimità costituzionale sulle leggi – sull’appartenenza di concrete materie all’ambito della competenza legislativa esclusiva statale o regionale, ovvero a quello della competenza concorrente, manifesterà comunque un orientamento a posteriori, seppur implicito, anche in ordine alla competenza di uno dei rami del Parlamento (o di entrambi) sul relativo disegno di legge[8]: l’eventualità di contrasto di “giudicati” parrebbe dunque, di fatto, inevitabile.

 

Una riflessione ulteriore riguarda l’applicabilità dell’art. 74 Cost., che disciplina il rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica. Appare infatti dubbio se l’approvazione da parte di una Camera di una legge, in ipotesi, di competenza dell’altra possa o meno costituire motivo di rinvio[9], ove vi sia stata una decisione dei Presidenti delle Camere o del Comitato paritetico sulla questione di competenza.

 

Al fine di ridurre incertezze e contenzioso, il testo precisa – nell’ultimo periodo del sesto comma dell’art. 70 – che “un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi”. I criteri per l’applicazione di tale principio sono rimessi ad un’intesa tra i Presidenti delle Camere, su proposta del Comitato e sulla base dei rispettivi regolamenti.

Appare in effetti un dato di comune esperienza la compresenza, all’interno di non pochi provvedimenti legislativi statali[10], di norme afferenti sia a materie rientranti nella competenza esclusiva dello Stato, sia a materie di competenza concorrente Stato-Regioni[11].

 

La clausola secondo cui “un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi” avrebbe effetti sull’esercizio dell’iniziativa legislativa, rendendo necessaria la presentazione di progetti di legge il più possibile omogenei per materia.

Ne potrebbe altresì derivare l’attribuzione alle Presidenze delle due Camere di incisivi poteri in ordine alla valutazione di ammissibilità (su testo ed emendamenti), ivi compresa l’applicazione della tecnica dello stralcio al fine di separare sin dall’inizio le materie in base al principio di competenza, per consentirne l’esame presso la Camera di pertinenza.

In ogni modo, appare presumibile che le iniziative legislative di più ampia portata (si pensi alle grandi riforme di settore, ma anche alle manovre finanziarie, alle leggi comunitarie ed alle leggi annuali di semplificazione e riassetto normativo) debbano giocoforza essere ripensate nella loro struttura, dovendosi articolare in più disegni di legge[12], da approvare “in parallelo” con procedure differenziate e secondo differenti scadenze temporali.

Tale prassi consentirebbe di rispettare il dettato costituzionale ma potrebbe, nel caso di interventi legislativi complessi e organici, “spezzarne” o indebolirne le interne correlazioni (e rendere meno probabile la contestuale entrata in vigore delle diverse discipline).

 

Nell’ambito della disciplina transitoria di cui all’art. 53 della legge costituzionale, l’ultimo periodo del comma 8 precisa che, fino alla determinazione  dei criteri generali sopra indicati, compete al Presidente di ciascuna Camera verificare che un disegno di legge non contenga disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.

Altre disposizioni procedurali

In conseguenza delle modifiche che investono il procedimento legislativo, e in particolar modo della divisione di competenze tra Camera e Senato, modellata, come si è visto, sulla ripartizione effettuata dall’art. 117 e ss., vengono apportate innovazioni anche agli artt. 71, 72, 80 e 81.

In particolare, per quanto riguarda l’art. 71, si specifica  che l’iniziativa legislativa parlamentare deve esercitarsi nell’ambito delle competenze della Camera di appartenenza: ciascun deputato o senatore, pertanto, potrà presentare proposte (o emendamenti) che attengono soltanto alle materie su cui la Camera di appartenenza può legiferare[13].

 

Può ritenersi che la proposta vertente su materia di competenza dell’altro ramo del Parlamento, così come accade ora per le proposte relative ad ambiti riservati all’iniziativa governativa, debba considerarsi irricevibile dai Presidenti di Camera e Senato; il vaglio sulla ricevibilità è oggi effettuato in via di prassi alla Camera ed è disciplinato dall’art. 8 del regolamento del Senato[14]. Lo stesso dicasi relativamente alle proposte emendative.

 

Le modifiche apportate all’art. 72, terzo comma, limitano tra l’altro l’applicabilità del procedimento di approvazione da parte delle Commissioni in sede legislativa, le cui modalità rimangono invariate, ai soli disegni di legge per i quali è richiesto il procedimento bicamerale (art. 70, terzo comma).

 

Sempre all’art. 72 sono state apportate alcune modifiche di coordinamento, nel senso di eliminare tra le materie per le quali è comunque esclusa l’approvazione da parte della Commissione di merito, l’autorizzazione a ratificare trattati internazionali e l’approvazione di bilanci e consuntivi: per queste, essendo di competenza della sola Camera dei deputati, è necessaria comunque la fase di approvazione da parte dell’Assemblea.

 

Va inoltre ricordata l’integrazione al comma secondo dell’art. 72, secondo il quale i regolamenti delle due Camere disciplinano modalità e termini entro cui deve essere avviato l’esame delle proposte di legge di iniziativa popolare.

 

Modifiche di coordinamento sono apportate anche agli articoli 80 (autorizzazione con legge della ratifica di trattati) e 81 (bilanci e rendiconto consuntivo) del nuovo testo della Costituzione: in entrambi i casi è stato espunto il riferimento ad entrambe le Camere poiché le materie sono di competenza della sola Camera dei deputati. Altre disposizioni di coordinamento, che richiamano la ripartizione delle competenze legislative tra Camera e Senato, riguardano gli articoli 73 (promulgazione delle leggi), 74 (rinvio di una legge alle Camere, da parte del Presidente della Repubblica) e 77 (delegazione legislativa e decretazione d’urgenza) della Costituzione.

 

Ulteriori disposizioni aggiunte all’art. 72 hanno una ricaduta “sostanziale”, in quanto disciplinano aspetti relativi all’organizzazione dei lavori delle Camere, e in particolare a modi e tempi di esame di provvedimenti del Governo, ovvero di proposte o iniziative delle opposizioni. Tale disciplina appare correlata alla scelta di fondo di individuare una “copertura” di livello costituzionale – che emerge anche in altre parti del testo (v. anche art. 64 Cost.) – per i ruoli rispettivi di maggioranza e opposizione, in specie nell’ambito dei lavori parlamentari, nonché per le Regioni e le Province autonome, titolari dell’iniziativa legislativa.

Più precisamente, il quinto comma dell’art. 72 prevede l’iscrizione all’ordine del giorno delle Camere – su richiesta del Governo – dei disegni di legge presentati o fatti propri dal Governo stesso, che devono essere votati entro tempi certi, secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Governo può inoltre chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo (c.d. “voto bloccato”).

Parallelamente, si prevede che i regolamenti parlamentari debbano stabilire altresì le modalità di iscrizione all’ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle opposizioni alla Camera e dalle minoranze al Senato, determinandone i tempi di esame.

Per quanto concerne il Senato federale, il sesto comma specifica che è organizzato in commissioni, secondo le norme del proprio regolamento, e che è chiamato ad esprimere parere (sempre secondo le norme del proprio regolamento), ai fini dell’adozione del decreto di scioglimento di un Consiglio regionale o di rimozione di un Presidente di Giunta regionale (ai sensi dell’articolo 126, primo comma).

Per quanto concerne invece le proposte di legge di iniziativa delle Regioni e delle Province autonome, il settimo comma stabilisce che esse debbano essere poste all’ordine del giorno della Camera competente nei termini stabiliti dal proprio regolamento, con priorità per quelle adottate da più Regioni o Province autonome in coordinamento tra di loro. Quest’ultimo inciso sembra delineare una peculiare tipologia di iniziativa legislativa, il cui maggior “peso” politico-istituzionale trova riscontro in una particolare disciplina procedurale.

 

Va nell’occasione ricordata la disposizione transitoria di cui all’art. 53, co. 8, primo e secondo periodo, secondo cui le disposizioni dei regolamenti parlamentari vigenti alla data di entrata in vigore della riforma continuano ad applicarsi fin quando non siano adeguate alla medesima, ad eccezione di quelle con essa incompatibili.

Il procedimento di revisione costituzionale

Il testo in esame modifica infine l’art. 138 Cost., limitatamente alla disciplina concernente l’istituto del referendum popolare nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale. La modifica, sopprimendo il terzo comma dell’art. 138, rende sempre possibile il ricorso al referendum, anche nell’ipotesi in cui la legge costituzionale sia approvata in seconda deliberazione, da parte di ciascuna Camera, a maggioranza di due terzi dei componenti.

Restano invariati il primo ed il secondo comma, che riguardano rispettivamente le modalità per l’approvazione, da parte di entrambe le Camere, della legge di revisione costituzionale, e le condizioni per sottoporre a referendum la legge approvata[15], nonché per la promulgazione della legge sottoposta a referendum[16].

 

Ai fini di una più chiara comprensione della portata della modifica, occorre ricordare che in dottrina, e nello stesso dibattito parlamentare, si confrontano da tempo diverse visioni del significato – nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale – delle maggioranze qualificate richieste e del ruolo del referendum popolare: in estrema sintesi, da un lato si sostiene che dall’esclusione del referendum nel caso del raggiungimento della maggioranza dei due terzi dei componenti le Camere deriverebbe, in termini sistematici, un’incentivazione al raggiungimento delle più ampie convergenze possibili tra maggioranza e opposizioni in primo luogo in Parlamento (ovvero, nella sede istituzionale del confronto e della sintesi delle diverse posizioni politiche), ed il ricorso al referendum – possibile solo ove non si raggiunga la più ampia convergenza – assumerebbe una valenza essenzialmente “oppositiva”, da parte del corpo elettorale, nei confronti di scelte compiute dalla propria rappresentanza politica, ma non ampiamente condivise in Parlamento. Secondo una diversa visione, il coinvolgimento diretto del corpo elettorale (anche se eventuale, in quanto sottoposto ad alcune condizioni) farebbe fisiologicamente parte del processo di revisione costituzionale – con valenza essenzialmente “confermativa” – anche in quanto ritenuto di per sé auspicabile (costituendo in un certo senso un valore).

La modifica apportata dalla riforma costituzionale in esame appare sostanzialmente volta a favorire, rispetto al testo vigente, il ricorso al referendum, a prescindere dalla consistenza della maggioranza parlamentare che ha approvato la legge di revisione costituzionale; essa sembra pertanto più vicina alla seconda delle due visioni sinteticamente esposte.

 

Quanto al tema (cui si è in precedenza accennato) del procedimento di approvazione da adottare per le leggi di revisione costituzionale, si può osservare che la permanenza nel testo originario del primo comma dell’art. 138 Cost. consentirebbe di configurare un ulteriore procedimento legislativo (bicamerale “tradizionale”, aggravato dalla seconda deliberazione), che si aggiunge ai tre principali procedimenti delineati dall’art. 70 Cost.. Non si può tuttavia radicalmente escludere un’interpretazione integrata tra la disciplina dell’art. 138, primo comma e quella dettata dall’art. 70, terzo comma, che definisce il nuovo procedimento bicamerale[17] (v. supra), benché l’art. 138, e comunque la categoria delle leggi di revisione costituzionale, non siano menzionati tra i casi annoverati dall’art. 70 tra quelli per cui la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

 



[1]    Il sistema unicamerale è presente, dal 1953, in Danimarca e, dal  1969, in Svezia.

[2]    Tale competenza, è stato sostenuto, si ricollega al peculiare ruolo di snodo tra dimensione unitaria degli interessi ed esigenze regionali, che il testo intende attribuire al Senato federale. Una parte della dottrina, al contrario, ha ritenuto incoerente con la natura di Camera di rappresentanza regionale il compito di garantire, attraverso l’individuazione dei limiti della legislazione regionale, le ragioni dell’unità, giudicando più opportuna l’attribuzione di tale funzione alla Camera dei deputati.

[3]    Il procedimento di “richiamo” è stato rielaborato nel corso dell’iter parlamentare, escludendo alcuni vincoli che risultavano in una precedente versione (iniziativa di due quinti dei componenti, avanzata entro dieci giorni dalla trasmissione del disegno di legge approvato dalla Camera competente in via primaria; obbligo per la Camera di pronunziarsi comunque entro i trenta giorni successivi); il testo finale, viceversa, non richiede (quantomeno espressamente) un atto formale di richiamo, limitandosi a fissare il termine per l’(eventuale) deliberazione di proposte modificative.

[4]    Riprendendo la formulazione presente nel vigente art. 70 Cost., il terzo comma in esame dunque prevede che “La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l’esame dei disegni di legge […]”.

[5]    La questione si pone, rebus sic stantibus, in relazione alla sola prima deliberazione, giacché per la seconda i regolamenti parlamentari vigenti escludono la possibilità che siano presentati emendamenti (art. 99, co. 3, reg. Camera; art. 123, co. 3, reg. Senato), risultando impossibile che una Camera apporti modifiche al testo approvato dall’altra.

[6]    Nel corso dell’esame in sede referente alla Camera (seduta del 26 luglio) è stato soppresso, relativamente al procedimento bicamerale, il riferimento alle leggi che disciplinano l’esercizio dei diritti fondamentali di cui agli articoli da 13 a 21 della Costituzione: esse, pertanto, dovrebbero essere esaminate ed approvate – con procedimento monocamerale – dal ramo del Parlamento competente ratione materiæ.

[7]    Si ricorda in proposito che la I Commissione della Camera ha modificato il testo approvato dall’Aula del Senato in prima lettura, ampliando l’espressione: “in alcuna sede legislativa”, divenuta appunto “in alcuna sede”.

[8]    Infatti, come già illustrato, la ripartizione delle competenze tra Camera e Senato ricalca, con alcune eccezioni, la suddivisione di cui all’art. 117 Cost. tra materie riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato e materie rimesse alla potestà legislativa concorrente.

[9]    Un ulteriore dubbio sorge in relazione alla Camera destinataria del rinvio: infatti essa potrebbe essere tanto la Camera che ha già approvato la legge (ciò apparirebbe conforme al dettato dell’art. 74, in cui si prevede la possibilità che la legge sia sottoposta ad una nuova deliberazione per essere successivamente promulgata), quanto quella che il Presidente ritiene competente. In caso invece di progetto di legge ritenuto originariamente bicamerale, ma ad avviso del Capo dello Stato di competenza di una sola Camera, il rinvio potrebbe essere effettuato sia alla Camera che ha approvato il testo per prima, sia alla Camera ritenuta, dal Presidente della Repubblica, competente.

[10]  Nell’ambito della sua attività di documentazione sul provvedimento in esame, il Servizio studi della Camera ha effettuato nel luglio 2004 un’analisi sperimentale delle leggi approvate nel 2003, alla luce della procedura di formazione delle leggi prevista dall’art. 70 Cost. come riformulato dall’art. 13 dell’A.C. 4862 nel testo approvato dal Senato in prima lettura e, all’epoca, in corso d’esame presso la I Commissione della Camera (i risultati dell’analisi, curata dall’Osservatorio sulla legislazione, sono pubblicati nel dossier Progetti di legge n. 580/5 – XIV legislatura – 14 luglio 2004, pagg. 10 ss.).

      Nell’ottobre dello stesso anno è stato effettuato un aggiornamento di tale analisi, tenendo conto della nuova formulazione degli artt. 70 e 117 Cost. risultante dall’esame in sede referente (A.C. 4862-A) e dagli emendamenti allora in corso di approvazione da parte dell’Assemblea.

      Gli esiti delle due verifiche differiscono di poco. Depurando dal numero complessivo delle leggi approvate nel 2003 (pari a 171) le 75 leggi di ratifica di trattati e accordi internazionali, dalla verifica più aggiornata è risultato che per 37 leggi su un totale di 96 – pari al 38,5 per cento – l’assegnazione all’uno o all’altro procedimento legislativo sarebbe stata controversa per la compresenza di materie diverse. Rientrano in tale numero provvedimenti significativi, come le due leggi comunitarie per il 2002 e il 2003, il D.L. 269/2003 in materia finanziaria, la legge finanziaria 2004, la L.131/2003 (c.d. legge “La Loggia”), la legge di semplificazione 2001 e due decreti-legge sul sistema elettrico.

[11]  Anche la recente giurisprudenza costituzionale ha evidenziato (sul versante della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni) il possibile verificarsi, in determinati ambiti di disciplina legislativa, di una inscindibile “concorrenza di competenze” (cosa diversa dalla “competenza concorrente”) tra Stato e Regioni, spesso non risolvibile neppure ricorrendo a criteri di prevalenza (cfr. C.Cost., sentt. 50/2005 e 151/2005).

[12]  A mero titolo d’esempio, un ipotetico intervento organico di riforma nel settore delle reti di trasporto dovrebbe, presumibilmente, articolarsi in:

§          un primo disegno di legge recante norme di competenza statale sulle grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale (art. 117, secondo comma, lett. s-bis), Cost.), da esaminare con procedimento monocamerale a prevalenza Camera ex art. 70, primo comma, Cost.;

§          un secondo disegno di legge recante princìpi fondamentali per l’esercizio della competenza legislativa regionale in materia di reti di trasporto e di navigazione (art. 117, terzo comma, Cost.), da esaminare con procedimento monocamerale a prevalenza Senato ex art. 70, secondo comma, Cost.;

§          un terzo disegno di legge recante norme di coordinamento fra Stato e Regioni con riferimento alle grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale (art. 118, quinto comma, Cost.), da esaminare con procedimento bicamerale ex art. 70, terzo comma, Cost..

[13]  Di conseguenza anche l’art. 72, al primo comma, è stato così modificato: “Ogni disegno di legge, presentato alla Camera competente ai sensi dell’articolo 70 […]”.

[14]  Il quale recita: “il Presidente rappresenta il Senato e regola l’attività di tutti i suoi organi, facendo osservare il Regolamento. Sulla base di questo […] giudica della ricevibilità dei testi […]”.

[15]  Il testo approvato in prima lettura dal Senato introduceva anche, quale condizione per la validità del referendum, la partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto (analogamente a quanto avviene per i referendum abrogativi), nel solo caso in cui, in seconda deliberazione, la legge costituzionale fosse stata approvata con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti. Quest’ultima disposizione è stata tuttavia soppressa nel corso dell’esame alla Camera.

[16]  Testualmente, ai sensi del primo comma, le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Ai sensi del secondo comma, le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

[17]  La questione si pone, come si è già ricordato, in relazione alla sola prima deliberazione (l’unica nella quale il testo è emendabile), salvo sostanziali modifiche regolamentari.